Millennials e lavoro: lo stipendio fisso non basta più

In un mondo in continua trasformazione, anche il lavoro e il modo di rapportarsi ad esso sta cambiando e i primi a far partire questa rivoluzione sono stati coloro che fanno parte di una delle generazioni più studiate dai sociologi, psicologi e marketers: i millennials.

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In un mondo in continua trasformazione, anche il lavoro e il modo di rapportarsi ad esso sta cambiando e i primi a far partire questa rivoluzione sono stati coloro che fanno parte di una delle generazioni più studiate dai sociologi, psicologi e marketers: i millennials.

GAP GENERAZIONALE

Uno degli aspetti più interessanti riguardo questa generazione è quello del suo rapporto con il mondo del lavoro. Secondo una indagine del Censis 2,3 milioni di giovani svolgono un lavoro di livello più basso rispetto alla propria qualifica. Un milione di loro ha cambiato almeno due occupazioni nel corso dell’ultimo anno, mentre ammonta a 4,4 milioni il numero di giovani che ha iniziato il proprio percorso di lavoro con uno stage non retribuito. Questi dati sono la fotografia di un mercato del lavoro che è radicalmente cambiato ma al tempo stesso ci forniscono importanti spunti di riflessione e ci pongono di fronte a degli interrogativi: con che spirito e che mentalità i Millenials si affacciano al mondo del lavoro? Cos’è che spinge 4,4 milioni di giovani a valutare come alternativa di partenza di interesse uno stage non retribuito? 

Per rispondere a questi interrogativi va segnalato che all’interno dell’odierno mercato del lavoro gli appartenenti alla Generazione Y vedono le prime opportunità di lavoro come un trampolino di lancio e come un’opportunità di crescita. Per questo in cima alla scala dei loro desideri sta il fatto di potersi giocare l’opportunità di fare esperienza lavorativa in un ruolo ambito e in una realtà aziendale e in un settore di interesse. I Millenials più che dalla tipologia di contratto con la quale si viene inseriti (il mito del tempo indeterminato nella quasi totalità dei casi fa ormai parte del passato) o dalla retibuzione garantita hanno bisogno di essere convinti dal perché e come un’organizzazione li potrà aiutare ad imparare, crescere e favorire il progresso delle loro carriere

La differenza delle nuove generazioni rispetto alle precedenti per quanto concerne il mondo del lavoro è plateale: mentre le passate generazioni durante la loro giovinezza avevano rinunciato spesso al proprio tempo libero, dedicando ore extra, weekend, notti etc al lavoro, per ottenere in cambio stipendi maggiori e posizioni più alte, i millennials scelgono, invece sempre più, di non sacrificare il delicato equilibrio vita-lavoro, chiedendo strategie e politiche aziendali volte a migliorare la qualità del tempo passato a lavorare.

Complici le nuove tecnologie, che questa generazione ha ben assimilato essendo cresciuta completamente immersa nella loro evoluzione, le richieste dei millennials sono state ascoltate, ed è così che si è arrivati ad avere oggi lo smart working (chiamato anche “lavoro agile”), orari di lavoro più flessibili e il “free desk”, per citarne alcuni.

Questa differenza di cultura e pensiero ha comportato, inizialmente, che questa generazione venisse vista come poco coinvolta e meno produttiva rispetto alle precedenti. In realtà, con il tempo si è potuto dimostrare che ciò non è assolutamente vero e che non solo non c’è differenza rispetto ai lavoratori di età più avanzata ma che anche questi ultimi preferiscono la nuova modalità di gestione del lavoro e del proprio tempo.

COSA VOGLIONO I MILLENNIALS?

Quali sono nello specifico le richieste che fanno di più oggi i millennials, nel momento in cui cercano lavoro?

  • La possibilità di lavorare da casa, con orari diversi da quelli canonici. In questo modo il lavoratore è più autonomo e indipendente, sente di essere libero di disporre del proprio tempo come meglio crede, purché entro una data precisa riesca a concludere il proprio compito.
  • Una formazione continua in un clima di collaborazione, che dia la possibilità di crescere professionalmente, in modo sereno, e che permetta di interfacciarsi con diverse mansioni, accrescendo così la comprensione dei diversi meccanismi che regolano l’azienda in cui si va a lavorare.
  • Uno spazio di lavoro più smart: uffici modificati nel loro assetto e riorganizzati in modo che la tecnologia sia al centro di essi. Con un wi-fi forte e stabile ovunque e scrivanie “nomadi”, per esempio, è più facile per il lavoratore spostarsi dal proprio posto fisso per gestire le proprie attività, abituandosi così all’idea di lavorare in ambienti diversi rispetto al proprio ufficio tradizionale. Inoltre, i luoghi di lavoro devono avere spazi anche di relax, dove il dipendente possa “staccare” e ricaricare le batterie in totale comodità, come sale break attrezzate con cucine, calcetti balilla, tavoli da ping pong etc.
  • benefit aziendali, come sostegni economici per la gestione della casa e della famiglia (Google e Facebook ad esempio ne forniscono molti ai propri dipendenti), corsi di yoga e altri sport dedicati ai lavoratori dell’azienda, supporto al volontariato che i dipendenti svolgono fuori dall’ufficio etc.

Sono richieste che un tempo sarebbe stato impensabile fare al proprio datore di lavoro, ma i miglioramenti che si sono visti dal lato della produttività del dipendente sono così tanti e tangibili che il numero di aziende che scelgono di applicare nuove regole per una gestione più libera del tempo lavorativo è in aumento costante.

Vi è infatti un “do ut des” tra le due figure (azienda e dipendente) che rende più stretto il rapporto tra di loro: i lavoratori si sentono più motivati a svolgere i propri compiti e impegnarsi se sanno di avere maggiore controllo sul loro tempo e questo è un beneficio anche per l’azienda, che ottiene in cambio dei dipendenti più responsabili del loro lavoro.

QUAL È LA SITUAZIONE IN ITALIA?

Nel nostro Paese l’interesse per queste nuove politiche di gestione del tempo lavorativo è aumentato molto negli ultimi anni: secondo recenti studi, per esempio, 8 lavoratori su 10 sono favorevoli allo smart working e vorrebbero poterne approfittare.

L’attenzione su questo nuovo metodo di lavoro è tale che persino alcune istituzioni sensibili all’argomento si sono schierate a favore di esso: per citarne uno, dal 2014 il Comune di Milano indìce ogni anno, verso la fine di Maggio, la Settimana del Lavoro Agile, per sensibilizzare i cittadini e le aziende su questo tema.

Vi è però ancora una ritrosia abbastanza forte da parte delle aziende, molte di esse non permettono ai propri dipendenti di sperimentare questo nuovo modello organizzativo. La difficoltà maggiore è dovuta al fatto che in Italia è ancora tanto presente la concezione di dover controllare il dipendente, come se fosse necessario averlo sempre sott’occhio affinché questo lavori concretamente.

Per superare questo “blocco” è fondamentale innanzitutto che le parti manageriali delle aziende vengano educate allo smart working: sono i dirigenti, infatti, i primi che devono cambiare mentalità e comprendere tutte le opportunità che questo nuovo modello lavorativo può portare. 

E’ così che possono diventare il motore per un cambiamento a tutti i livelli dell’azienda, piccola o grande che sia, che porterà a un futuro in cui ogni dipendente (millennial e non) si potrà sentire soddisfatto del proprio equilibrio tra lavoro e vita privata, con un miglioramento della propria salute psico-fisica e del proprio tenore di vita.

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