Jobs Act: statistiche a confronto!
Il 2015 è finito. La decontribuzione completa, prevista dal Jobs Act di Matteo Renzi, non c’è più.
A questo punto è doveroso tirare le somme.
Questo Jobs Act, è servito a diminuire il tasso delle assunzioni precarie?
E soprattutto, la disoccupazione, nella sua totalità, ha tratto vantaggio da questo provvedimento?
La risposta è, come sempre, poco chiara.
In base ai dati forniti da Inps sembrerebbe di sì: da circa un anno il numero di assunzioni con contratti, più o meno precari, è in costante diminuzione.
Se invece guardiamo ai dati Istat sembrerebbe il contrario: il peso dell’occupazione precaria è in costante aumento, toccando il massimo storico nell’ultimo trimestre del 2015.
Cosa ne pensa VRformazione?
Ci siamo posti questa domanda, come tanti di voi e come, soprattutto, molti esperti del settore e la nostra conclusione è che la risposta alla domanda “La disoccupazione precaria sta diminuendo?
La risposta è un NO netto!
Un “no” basato su entrambe le fonti dei dati a disposizione (INPS e ISTAT).
Quando si osserva che la percentuale di nuovi contratti stipulati a tempo indeterminato aumenta, si dimentica infatti un dato fondamentale: quello delle cessazioni, ossia dei rapporti di lavoro che terminano o per licenziamento o per dimissioni volontarie.
Ebbene, anche nell’anno delle “agevolazioni” 2015, caraterizzato dalla decontribuzione e dal Jobs Act, il numero di rapporti di lavoro a tempo indeterminato cessati ha ampiamente superato il numero di rapporti di lavoro attivati, mentre il contrario è accaduto per i rapporti di lavoro temporanei, che hanno visto le attivazioni superare le cessazioni.
Ecco perché il peso dell’occupazione precaria, puntualmente registrato dall’Istat, è aumentato anche nell’anno del Jobs Act del governo Renzi.
Se lo scopo, dunque, del Jobs Act era abbattere il tasso di occupazione precaria, il bilancio non può che essere negativo: l’obiettivo del Jobs Act non è stato centrato!